Fatti di parole
Nel nostro modo di usare le parole, da quelle più nobili a quelle più triviali, è racchiusa una teoria dello spazio e del tempo, della materia e della causalità. Nel linguaggio, sia colto sia quotidiano, sono radicati un modello (anzi, due) di sessualità, i concetti di divinità, potere e giustizia, le nozioni di intimità, benessere e pericolo, una filosofia del libero arbitrio. E poiché, al di là di minime variazioni, la logica d'insieme è la stessa per ogni lingua, un esame approfondito dei mezzi e delle modalità di comunicazione verbale - dai discorsi volti a informare o a convincere, a minacciare o a sedurre, alle imprecazioni, ai nomi che scegliamo per i figli - può rivelarsi prezioso per capire chi siamo e le vere ragioni dei nostri comportamenti. È l'obiettivo che si pone Steven Pinker in Fatti di parole , in cui confluiscono i due fecondi itinerari di ricerca da lui percorsi negli ultimi anni: lo studio della facoltà di linguaggio e l'indagine sui processi cognitivi e sulla natura umana. In questa prospettiva l'autore si propone di analizzare il significato di parole e frasi in contesti sociali, ovvero nelle varie occasioni in cui cerchiamo di esprimere verbalmente i nostri pensieri e sentimenti. La conclusione a cui giunge è che ogni essere umano si forma un'immagine del mondo fisico e del mondo sociale che non corrisponde al flusso di sensazioni provocato dall'incontro della mente con l'ambiente esterno, ma è costruita a partire da un repertorio limitato e identificabile di pensieri primari, o meglio di «concetti naturali» (per esempio, spazio, forza, dominanza, parentela e contaminazione), che, grazie alla loro plasticità e valenza metaforica, sono in grado di ricomporre i dati d'esperienza in una molteplicità di oggetti ed eventi traducibili in vocaboli e proposizioni. La prevalenza di alcuni di questi «manufatti mentali» (nomi, parole, stringhe linguistiche) in quella rete di influenze reciproche che è la comunità dei parlanti, dove ogni individuo è insieme produttore e consumatore di significati, definisce ciò che chiamiamo «cultura» di una società, di cui la lingua è parte integrante. Trattando con grande chiarezza e rigore scientifico idee complesse e originali, come di consueto Pinker non rinuncia al suo stile ricco di elegante ironia, facendo spesso ricorso a giochi di parole e a esempi tratti dall'attualità, dalla letteratura di consumo e da film, fumetti e videogiochi, quasi che solo un approccio di divertita leggerezza possa strappare al linguaggio i segreti dell'ancora misterioso funzionamento della mente e, quindi, della natura umana.
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Fatti di parole
Nel nostro modo di usare le parole, da quelle più nobili a quelle più triviali, è racchiusa una teoria dello spazio e del tempo, della materia e della causalità. Nel linguaggio, sia colto sia quotidiano, sono radicati un modello (anzi, due) di sessualità, i concetti di divinità, potere e giustizia, le nozioni di intimità, benessere e pericolo, una filosofia del libero arbitrio. E poiché, al di là di minime variazioni, la logica d'insieme è la stessa per ogni lingua, un esame approfondito dei mezzi e delle modalità di comunicazione verbale - dai discorsi volti a informare o a convincere, a minacciare o a sedurre, alle imprecazioni, ai nomi che scegliamo per i figli - può rivelarsi prezioso per capire chi siamo e le vere ragioni dei nostri comportamenti. È l'obiettivo che si pone Steven Pinker in Fatti di parole , in cui confluiscono i due fecondi itinerari di ricerca da lui percorsi negli ultimi anni: lo studio della facoltà di linguaggio e l'indagine sui processi cognitivi e sulla natura umana. In questa prospettiva l'autore si propone di analizzare il significato di parole e frasi in contesti sociali, ovvero nelle varie occasioni in cui cerchiamo di esprimere verbalmente i nostri pensieri e sentimenti. La conclusione a cui giunge è che ogni essere umano si forma un'immagine del mondo fisico e del mondo sociale che non corrisponde al flusso di sensazioni provocato dall'incontro della mente con l'ambiente esterno, ma è costruita a partire da un repertorio limitato e identificabile di pensieri primari, o meglio di «concetti naturali» (per esempio, spazio, forza, dominanza, parentela e contaminazione), che, grazie alla loro plasticità e valenza metaforica, sono in grado di ricomporre i dati d'esperienza in una molteplicità di oggetti ed eventi traducibili in vocaboli e proposizioni. La prevalenza di alcuni di questi «manufatti mentali» (nomi, parole, stringhe linguistiche) in quella rete di influenze reciproche che è la comunità dei parlanti, dove ogni individuo è insieme produttore e consumatore di significati, definisce ciò che chiamiamo «cultura» di una società, di cui la lingua è parte integrante. Trattando con grande chiarezza e rigore scientifico idee complesse e originali, come di consueto Pinker non rinuncia al suo stile ricco di elegante ironia, facendo spesso ricorso a giochi di parole e a esempi tratti dall'attualità, dalla letteratura di consumo e da film, fumetti e videogiochi, quasi che solo un approccio di divertita leggerezza possa strappare al linguaggio i segreti dell'ancora misterioso funzionamento della mente e, quindi, della natura umana.
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Nel nostro modo di usare le parole, da quelle più nobili a quelle più triviali, è racchiusa una teoria dello spazio e del tempo, della materia e della causalità. Nel linguaggio, sia colto sia quotidiano, sono radicati un modello (anzi, due) di sessualità, i concetti di divinità, potere e giustizia, le nozioni di intimità, benessere e pericolo, una filosofia del libero arbitrio. E poiché, al di là di minime variazioni, la logica d'insieme è la stessa per ogni lingua, un esame approfondito dei mezzi e delle modalità di comunicazione verbale - dai discorsi volti a informare o a convincere, a minacciare o a sedurre, alle imprecazioni, ai nomi che scegliamo per i figli - può rivelarsi prezioso per capire chi siamo e le vere ragioni dei nostri comportamenti. È l'obiettivo che si pone Steven Pinker in Fatti di parole , in cui confluiscono i due fecondi itinerari di ricerca da lui percorsi negli ultimi anni: lo studio della facoltà di linguaggio e l'indagine sui processi cognitivi e sulla natura umana. In questa prospettiva l'autore si propone di analizzare il significato di parole e frasi in contesti sociali, ovvero nelle varie occasioni in cui cerchiamo di esprimere verbalmente i nostri pensieri e sentimenti. La conclusione a cui giunge è che ogni essere umano si forma un'immagine del mondo fisico e del mondo sociale che non corrisponde al flusso di sensazioni provocato dall'incontro della mente con l'ambiente esterno, ma è costruita a partire da un repertorio limitato e identificabile di pensieri primari, o meglio di «concetti naturali» (per esempio, spazio, forza, dominanza, parentela e contaminazione), che, grazie alla loro plasticità e valenza metaforica, sono in grado di ricomporre i dati d'esperienza in una molteplicità di oggetti ed eventi traducibili in vocaboli e proposizioni. La prevalenza di alcuni di questi «manufatti mentali» (nomi, parole, stringhe linguistiche) in quella rete di influenze reciproche che è la comunità dei parlanti, dove ogni individuo è insieme produttore e consumatore di significati, definisce ciò che chiamiamo «cultura» di una società, di cui la lingua è parte integrante. Trattando con grande chiarezza e rigore scientifico idee complesse e originali, come di consueto Pinker non rinuncia al suo stile ricco di elegante ironia, facendo spesso ricorso a giochi di parole e a esempi tratti dall'attualità, dalla letteratura di consumo e da film, fumetti e videogiochi, quasi che solo un approccio di divertita leggerezza possa strappare al linguaggio i segreti dell'ancora misterioso funzionamento della mente e, quindi, della natura umana.

Product Details

ISBN-13: 9788852015441
Publisher: MONDADORI
Publication date: 10/07/2010
Sold by: ARNOLDO MONDADORI - EBKS
Format: eBook
File size: 2 MB
Language: Italian

About the Author

About The Author
"When a gifted scientist and a gifted writer are all in one, you have Steven Pinker," writes fellow cognitive scientist Michael S. Gazzaniga. With his crisp prose style and zany, pop culture-inflected sense of humor, the MIT psychology professor has become famed for his ability to turn something like a discussion of regular and irregular verb forms into a rollicking good read.

As a psychology student at McGill University in Montreal, Pinker was drawn to the emergent field of cognitive science: "I found alluring the combination of psychology, computer science, artificial intelligence, the philosophy of mind, and linguistics," he said in a Scientific American interview. He earned his Ph.D. at Harvard, where his mentor was the psychology professor Roger Brown, who was a pioneer in the study of language acquisition and one of the first to apply Noam Chomsky's theories of language to field research. After accepting a post at MIT in 1982, Pinker began studying language acquisition in children, amassing enough data to demonstrate that children have an inborn facility for language.

Pinker's academic works on language development were admired by many of his peers, but in 1994 he sought—and gained—a broader audience with The Language Instinct, which suggests that human language is a biological adaptation, like web-spinning in spiders, rather than (as it is sometimes seen) a cultural invention, like the wheel. Pinker's lively and engaging treatise held tremendous appeal for a popular audience. Michael Coe, writing in The New York Times, called The Language Instinct "A brilliant, witty and altogether satisfying book."

But if humans have an instinct for language, how was that instinct acquired? That question led Pinker to the field of evolutionary psychology, and to the writing of his next book, How the Mind Works. If a particular behavior is common among humans, evolutionary psychologists reason, that behavior probably contributed to the ability of earlier humans to survive and pass along their genes. How the Mind Works, which uses this approach to examine behaviors from music-making to murder, was a finalist for the 1998 Pulitzer Prize and the National Book Award. Following its release, Pinker publicly tangled with Stephen Jay Gould over the scientific legitimacy of evolutionary psychology. Although the two scientists clashed on some issues, Pinker admired Gould's ability to write entertaining explications of complex ideas—"profundity with a light touch," as Pinker wrote in his Time magazine eulogy for Gould.

Pinker's next book, Words and Rules, returned to the subject of language; specifically, it explores the different mechanisms involved in learning regular and irregular verb forms. In a recent book The Blank Slate, Pinker tackled the objections some people have to a biological view of human nature. "There are fears that if you acknowledge that people are born with anything, it implies that some people have more of it than others, and therefore it would open the door to political inequality or oppression, for example," he explained in a New York Times interview. The Blank Slate is Pinker's attempt to demonstrate that there's no inherent contradiction between evolutionary psychology and the concepts of free will and moral behavior. "It's a fallacy to think that hunger and thirst and a sex drive are biological but that reasoning and decision making and learning are something else, something non-biological," he said. "They're just a different kind of biology."

Hometown:

Boston, Massachusetts

Date of Birth:

September 18, 1954

Place of Birth:

Montreal, Canada

Education:

B.A., McGill University, 1976; Ph.D., Harvard University, 1979
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