Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 12
Nel corso di questa storia abbiamo di già due volte invitati i nostri leggitori a trattenersi con noi, per dare insieme uno sguardo allo spazio trascorso. Dopo il 1303 abbiamo procurato di offrir loro un prospetto del tredicesimo secolo, e dopo il 1402 quello del quattordicesimo. Prima di ripigliare la nostra narrazione, loro chiederemo d'abbracciare con un colpo d'occhio il quindicesimo secolo, per formarci un'accurata idea di ciò che era l'indipendenza italiana, di ciò che era il contratto sociale in tutta la contrada, nel momento in cui cominciò la terribile lotta che privò l'Italia della sua indipendenza, e tutto sovvertì il suo stato sociale.
[4] Se non abbiamo creduto di scegliere il nostro punto di riposo alla precisa epoca della fine del tredicesimo e del quattordicesimo secolo, abbiamo ancora migliore ragione di dispensarcene, rendendo conto del quindicesimo; imperciocchè poco prima che terminasse questo secolo, ci si presenta, nel punto cui siamo arrivati, una di quelle importanti epoche, che dividono la storia in due periodi di carattere assolutamente diverso, che chiudono in certo modo le precedenti rivoluzioni, e ne cominciano di nuove, prodotte da altre cause e dirette da altre passioni. Abbiamo fin qui osservato i tempi che propriamente appartengono all'età di mezzo; entriamo adesso nella rivoluzione che fece succedere alla sua antica organizzazione quella dei moderni tempi, che mescolò nazioni fin allora separate, dando loro interessi di cui in addietro non avevano pure avuto conoscenza.
Fino alla morte di Lorenzo de' Medici, accaduta nel 1492, colla quale abbiamo posto fine al precedente volume, la nazione italiana dava, se non legge, almeno ammaestramenti ed esempi a tutte le altre. Ridotta essa sola a civiltà, affastellava il rimanente de' popoli europei sotto il [5] nome di barbari, e loro incuteva rispetto. Non aveva steso sopra di loro il suo impero, ma non aveva nemmeno subito giogo straniero. Alcuni esteri sovrani eransi per vero dire seduti sul trono di Napoli, ma dopo essere diventati italiani; alcune armate oltramontane avevano attraversata l'Italia, ma si erano prima poste al soldo di qualche sovrano della contrada. Il progetto di soggiogare l'Italia non erasi ancora formato da verun principe venuto a portarvi la guerra; giammai i popoli non avevano concepito il timore di questa servitù, nè avevano potuto sospettarne il pericolo.
Ma nel 1494 tutti i popoli limitrofi, gelosi della prosperità dell'Italia, o avidi delle sue spoglie, cominciarono nello stesso tempo l'invasione di questo ricco paese; armate devastatrici uscirono dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Spagna, dalla Germania, e, per lo spazio di quasi mezzo secolo, non diedero verun riposo agli sventurati Italiani; portarono il ferro ed il fuoco fino sulle cime più rimote degli Appennini, e fino alle rive dei due mari; la peste e la fame camminavano con loro; la miseria, il dolore, la morte penetrarono entro i più sontuosi palazzi, e nei più abietti abituri; giammai tanti patimenti [6] avevano oppressa l'umanità, giammai tanta parte della popolazione era stata distrutta dalla guerra. Diverse cagioni mettevano le armi in mano ai combattenti, ma i risultamenti della loro guerra erano sempre i medesimi. Ogni nuova invasione ruinava le fortificazioni dell'Italia, distruggeva le sue ricchezze, faceva sparire la sua popolazione. I suoi diversi governi si dividevano, alleandosi a straniere potenze, e prendendo parte alle loro liti, mentre dimenticavano la propria sorte; essi ancora non si accorgevano che la loro esistenza si giuocava a gran giuoco, e che venivano promessi come premio al vincitore, anche prima d'avere conosciuto che l'Italia poteva essere soggiogata.
Si è in sul declinare del quindicesimo secolo, che, giunti in certo modo al più elevato punto dello spazio che abbiamo abbracciato, vediamo l'intera storia dell'Italia dividersi ne' diversi suoi periodi. I sei primi secoli, che scorsero dopo la distruzione dell'impero d'Occidente, apparecchiarono colla mescolanza de' popoli barbari coi popoli degeneri dell'Italia, la nuova nazione che doveva succedere ai Romani. Nel dodicesimo secolo questa nazione conquistò la libertà, di cui godette [7] nel dodicesimo e quattordicesimo secolo, aggiugnendovi tutti i trionfi della virtù, de' talenti, delle arti, della filosofia e del gusto, e lasciò che si corrompesse nel quindicesimo, perdendo in pari tempo l'antico suo vigore. Quasi mezzo secolo di spaventosa guerra distrusse allora la sua prosperità, la privò de' suoi mezzi di difesa, e gli rapì all'ultimo la sua indipendenza. Dopo questa guerra, che formerà il principale argomento di questi ultimi volumi, decorsero quasi tre secoli nella servitù, nell'indolenza, nella mollezza, nell'obblio.
1117441326
Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 12
Nel corso di questa storia abbiamo di già due volte invitati i nostri leggitori a trattenersi con noi, per dare insieme uno sguardo allo spazio trascorso. Dopo il 1303 abbiamo procurato di offrir loro un prospetto del tredicesimo secolo, e dopo il 1402 quello del quattordicesimo. Prima di ripigliare la nostra narrazione, loro chiederemo d'abbracciare con un colpo d'occhio il quindicesimo secolo, per formarci un'accurata idea di ciò che era l'indipendenza italiana, di ciò che era il contratto sociale in tutta la contrada, nel momento in cui cominciò la terribile lotta che privò l'Italia della sua indipendenza, e tutto sovvertì il suo stato sociale.
[4] Se non abbiamo creduto di scegliere il nostro punto di riposo alla precisa epoca della fine del tredicesimo e del quattordicesimo secolo, abbiamo ancora migliore ragione di dispensarcene, rendendo conto del quindicesimo; imperciocchè poco prima che terminasse questo secolo, ci si presenta, nel punto cui siamo arrivati, una di quelle importanti epoche, che dividono la storia in due periodi di carattere assolutamente diverso, che chiudono in certo modo le precedenti rivoluzioni, e ne cominciano di nuove, prodotte da altre cause e dirette da altre passioni. Abbiamo fin qui osservato i tempi che propriamente appartengono all'età di mezzo; entriamo adesso nella rivoluzione che fece succedere alla sua antica organizzazione quella dei moderni tempi, che mescolò nazioni fin allora separate, dando loro interessi di cui in addietro non avevano pure avuto conoscenza.
Fino alla morte di Lorenzo de' Medici, accaduta nel 1492, colla quale abbiamo posto fine al precedente volume, la nazione italiana dava, se non legge, almeno ammaestramenti ed esempi a tutte le altre. Ridotta essa sola a civiltà, affastellava il rimanente de' popoli europei sotto il [5] nome di barbari, e loro incuteva rispetto. Non aveva steso sopra di loro il suo impero, ma non aveva nemmeno subito giogo straniero. Alcuni esteri sovrani eransi per vero dire seduti sul trono di Napoli, ma dopo essere diventati italiani; alcune armate oltramontane avevano attraversata l'Italia, ma si erano prima poste al soldo di qualche sovrano della contrada. Il progetto di soggiogare l'Italia non erasi ancora formato da verun principe venuto a portarvi la guerra; giammai i popoli non avevano concepito il timore di questa servitù, nè avevano potuto sospettarne il pericolo.
Ma nel 1494 tutti i popoli limitrofi, gelosi della prosperità dell'Italia, o avidi delle sue spoglie, cominciarono nello stesso tempo l'invasione di questo ricco paese; armate devastatrici uscirono dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Spagna, dalla Germania, e, per lo spazio di quasi mezzo secolo, non diedero verun riposo agli sventurati Italiani; portarono il ferro ed il fuoco fino sulle cime più rimote degli Appennini, e fino alle rive dei due mari; la peste e la fame camminavano con loro; la miseria, il dolore, la morte penetrarono entro i più sontuosi palazzi, e nei più abietti abituri; giammai tanti patimenti [6] avevano oppressa l'umanità, giammai tanta parte della popolazione era stata distrutta dalla guerra. Diverse cagioni mettevano le armi in mano ai combattenti, ma i risultamenti della loro guerra erano sempre i medesimi. Ogni nuova invasione ruinava le fortificazioni dell'Italia, distruggeva le sue ricchezze, faceva sparire la sua popolazione. I suoi diversi governi si dividevano, alleandosi a straniere potenze, e prendendo parte alle loro liti, mentre dimenticavano la propria sorte; essi ancora non si accorgevano che la loro esistenza si giuocava a gran giuoco, e che venivano promessi come premio al vincitore, anche prima d'avere conosciuto che l'Italia poteva essere soggiogata.
Si è in sul declinare del quindicesimo secolo, che, giunti in certo modo al più elevato punto dello spazio che abbiamo abbracciato, vediamo l'intera storia dell'Italia dividersi ne' diversi suoi periodi. I sei primi secoli, che scorsero dopo la distruzione dell'impero d'Occidente, apparecchiarono colla mescolanza de' popoli barbari coi popoli degeneri dell'Italia, la nuova nazione che doveva succedere ai Romani. Nel dodicesimo secolo questa nazione conquistò la libertà, di cui godette [7] nel dodicesimo e quattordicesimo secolo, aggiugnendovi tutti i trionfi della virtù, de' talenti, delle arti, della filosofia e del gusto, e lasciò che si corrompesse nel quindicesimo, perdendo in pari tempo l'antico suo vigore. Quasi mezzo secolo di spaventosa guerra distrusse allora la sua prosperità, la privò de' suoi mezzi di difesa, e gli rapì all'ultimo la sua indipendenza. Dopo questa guerra, che formerà il principale argomento di questi ultimi volumi, decorsero quasi tre secoli nella servitù, nell'indolenza, nella mollezza, nell'obblio.
0.99 In Stock
Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 12

Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 12

by J.C.L. Simondo Sismondi
Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 12

Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 12

by J.C.L. Simondo Sismondi

eBook

$0.99 

Available on Compatible NOOK devices, the free NOOK App and in My Digital Library.
WANT A NOOK?  Explore Now

Related collections and offers

LEND ME® See Details

Overview

Nel corso di questa storia abbiamo di già due volte invitati i nostri leggitori a trattenersi con noi, per dare insieme uno sguardo allo spazio trascorso. Dopo il 1303 abbiamo procurato di offrir loro un prospetto del tredicesimo secolo, e dopo il 1402 quello del quattordicesimo. Prima di ripigliare la nostra narrazione, loro chiederemo d'abbracciare con un colpo d'occhio il quindicesimo secolo, per formarci un'accurata idea di ciò che era l'indipendenza italiana, di ciò che era il contratto sociale in tutta la contrada, nel momento in cui cominciò la terribile lotta che privò l'Italia della sua indipendenza, e tutto sovvertì il suo stato sociale.
[4] Se non abbiamo creduto di scegliere il nostro punto di riposo alla precisa epoca della fine del tredicesimo e del quattordicesimo secolo, abbiamo ancora migliore ragione di dispensarcene, rendendo conto del quindicesimo; imperciocchè poco prima che terminasse questo secolo, ci si presenta, nel punto cui siamo arrivati, una di quelle importanti epoche, che dividono la storia in due periodi di carattere assolutamente diverso, che chiudono in certo modo le precedenti rivoluzioni, e ne cominciano di nuove, prodotte da altre cause e dirette da altre passioni. Abbiamo fin qui osservato i tempi che propriamente appartengono all'età di mezzo; entriamo adesso nella rivoluzione che fece succedere alla sua antica organizzazione quella dei moderni tempi, che mescolò nazioni fin allora separate, dando loro interessi di cui in addietro non avevano pure avuto conoscenza.
Fino alla morte di Lorenzo de' Medici, accaduta nel 1492, colla quale abbiamo posto fine al precedente volume, la nazione italiana dava, se non legge, almeno ammaestramenti ed esempi a tutte le altre. Ridotta essa sola a civiltà, affastellava il rimanente de' popoli europei sotto il [5] nome di barbari, e loro incuteva rispetto. Non aveva steso sopra di loro il suo impero, ma non aveva nemmeno subito giogo straniero. Alcuni esteri sovrani eransi per vero dire seduti sul trono di Napoli, ma dopo essere diventati italiani; alcune armate oltramontane avevano attraversata l'Italia, ma si erano prima poste al soldo di qualche sovrano della contrada. Il progetto di soggiogare l'Italia non erasi ancora formato da verun principe venuto a portarvi la guerra; giammai i popoli non avevano concepito il timore di questa servitù, nè avevano potuto sospettarne il pericolo.
Ma nel 1494 tutti i popoli limitrofi, gelosi della prosperità dell'Italia, o avidi delle sue spoglie, cominciarono nello stesso tempo l'invasione di questo ricco paese; armate devastatrici uscirono dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Spagna, dalla Germania, e, per lo spazio di quasi mezzo secolo, non diedero verun riposo agli sventurati Italiani; portarono il ferro ed il fuoco fino sulle cime più rimote degli Appennini, e fino alle rive dei due mari; la peste e la fame camminavano con loro; la miseria, il dolore, la morte penetrarono entro i più sontuosi palazzi, e nei più abietti abituri; giammai tanti patimenti [6] avevano oppressa l'umanità, giammai tanta parte della popolazione era stata distrutta dalla guerra. Diverse cagioni mettevano le armi in mano ai combattenti, ma i risultamenti della loro guerra erano sempre i medesimi. Ogni nuova invasione ruinava le fortificazioni dell'Italia, distruggeva le sue ricchezze, faceva sparire la sua popolazione. I suoi diversi governi si dividevano, alleandosi a straniere potenze, e prendendo parte alle loro liti, mentre dimenticavano la propria sorte; essi ancora non si accorgevano che la loro esistenza si giuocava a gran giuoco, e che venivano promessi come premio al vincitore, anche prima d'avere conosciuto che l'Italia poteva essere soggiogata.
Si è in sul declinare del quindicesimo secolo, che, giunti in certo modo al più elevato punto dello spazio che abbiamo abbracciato, vediamo l'intera storia dell'Italia dividersi ne' diversi suoi periodi. I sei primi secoli, che scorsero dopo la distruzione dell'impero d'Occidente, apparecchiarono colla mescolanza de' popoli barbari coi popoli degeneri dell'Italia, la nuova nazione che doveva succedere ai Romani. Nel dodicesimo secolo questa nazione conquistò la libertà, di cui godette [7] nel dodicesimo e quattordicesimo secolo, aggiugnendovi tutti i trionfi della virtù, de' talenti, delle arti, della filosofia e del gusto, e lasciò che si corrompesse nel quindicesimo, perdendo in pari tempo l'antico suo vigore. Quasi mezzo secolo di spaventosa guerra distrusse allora la sua prosperità, la privò de' suoi mezzi di difesa, e gli rapì all'ultimo la sua indipendenza. Dopo questa guerra, che formerà il principale argomento di questi ultimi volumi, decorsero quasi tre secoli nella servitù, nell'indolenza, nella mollezza, nell'obblio.

Product Details

BN ID: 2940148749158
Publisher: Lost Leaf Publications
Publication date: 11/16/2013
Sold by: Barnes & Noble
Format: eBook
File size: 1 MB
Language: Italian
From the B&N Reads Blog

Customer Reviews